In occasione del 110° anniversario della fondazione del Conservatorio di Osaka, l’Istituto Italiano di Cultura di Osaka presenta in concerto il Trio Hermes, una delle più dinamiche tra le giovani formazioni italiane nel campo della musica da camera.
Programma
Ludwig van Beethoven (1770-1827)
Trio per pianoforte n. 7 in Si bemolle Maggiore, op. 97, “L’Arciduca” (1811)
1. Allegro moderato
2. Scherzo. Allegro
3. Andate cantabile, ma però con moto
4. Allegro moderato – Presto
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Ildebrando Pizzetti (1880-1968)
Trio con pianoforte in La maggiore (1925)
1. Mosso e arioso
2. Largo
3. Rapsodia di settembre
Ingresso gratuito su prenotazione.
Informazioni e prenotazioni: Osaka College of Music Concert Center (sito in giapponese), tel. 06-6634-2242.
Profilo
Formato da Ginevra Bassetti (violino), Francesca Giglio (violoncello) e Marianna Pulsoni (pianoforte), il Trio Hermes ha studiato sotto la guida del Trio di Parma e Pierpaolo Maurizzi presso il Conservatorio di Parma e presso l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia di Roma. Attualmente frequenta l’Accademia Walter Stauffer nella classe del Quartetto di Cremona. L’ensemble è stato selezionato dalla University of Music and Performing Arts Vienna (MDW) per lavorare con docenti quali Hatto Beyerle, Avedis Kouyomdjian, Patrick Jüdt e Johannes Meissl ed è stato gruppo ospite della European Chamber Music Academy (ECMA). È stato inoltre selezionato dalla Fondazione Accademia Musicale Chigiana di Siena per prendere parte al progetto Giovani Talenti Musicali Italiani nel Mondo, iniziativa del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. Hanno tenuto concerti presso festival e stagioni di spicco quali il Festival dei Due Mondi di Spoleto, l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e l’Associazione Alessandro Scarlatti di Napoli. L’ensemble ha debuttato per l’Accademia Filarmonica Romana presso il Teatro Argentina di Roma e per la TauberPhilarmonie di Weikersheim, in collaborazione con Jeunesses Musicales Deutschland. È in uscita il loro primo CD per l’etichetta Brilliant Classics e, in collaborazione con RaiRadio3, si sono esibite in un concerto in diretta dalla Cappella Paolina del Quirinale. Con il musicologo e critico musicale Guido Barbieri hanno ideato un progetto trasversale tra arte e musica incentrato su Beethoven e Francisco Goya. Dal 2025 le attività del Trio Hermes sono affiancate da Pirastro (Pirastro Young Artist).
Note di programma, di Ginevra Bassetti
Dopo pranzo riascoltò il Trio dell’Arciduca.
– Ehi, pietra, – disse Hoshino alla fine del primo movimento. – Che ne dici? Non è una musica bellissima? A sentirla non ti dà la sensazione che il cuore si espanda?
La pietra restò in silenzio. Sentiva la musica, non la sentiva? Chi avrebbe potuto dirlo? Ma Hoshino non se ne curò e andò avanti a parlare.
– Come ti sto raccontando da stamattina, mi sono sempre comportato in modo pessimo. Sono stato un vero stronzo, e ormai è troppo tardi per rimediare. Però ad ascoltare questa musica ho la sensazione che Beethoven dica, rivolgendosi a me: «Mah, Hoshino, quel che è fatto è fatto. La vita è piena di cose come queste. Anch’io ne ho combinate tante. Che vuoi farci, è così. Tutto deve seguire il suo corso. Piuttosto, adesso guarda avanti e fai del tuo meglio».
Murakami Haruki, Kafka sulla spiaggia, traduzione di Giorgio Amitrano, Torino, Einaudi, 2008.
Il programma di questo concerto vuole affiancare due brani della letteratura per Trio con Pianoforte certamente diversi tra loro per autore, epoca e stile, ma con un grande punto d’incontro: la dedica.
Beethoven ultima il suo Trio op. 97 in Si bemolle Maggiore nel 1811, avendo già alle spalle i tre trii dell’op. 1, ed i due dell’op. 70. E certamente tale esperienza è notabile nella gestione della scrittura che Beethoven adotta in questo Trio, ormai matura e consapevole di tutte e tre le voci strumentali. Il pianoforte occupa un ruolo centrale, quasi solistico in questa composizione, dove violino e violoncello trovano invece la propria dimensione più cameristica. Il 1811 è anche l’anno di composizione della Settima e dell’Ottava Sinfonia, che spingono l’autore tedesco ad un’indagine sempre più coraggiosa ed innovativa del timbro orchestrale, e ciò si riversa naturalmente anche nella sua scrittura cameristica. Beethoven decide di dedicare il suo Trio op. 97 all’amico, allievo e mecenate Rodolfo d’Asburgo, al tempo Arciduca d’Austria, che lo sostenne per un lungo periodo della sua produzione, stimandolo e riconoscendone il genio. Il Trio prende così dunque il nome definitivo del Trio de “L’Arciduca”, per omaggiare Rodolfo ed il suo concreto supporto costante.
Ildebrando Pizzetti al contrario di Beethoven non vive il periodo d’oro del mecenatismo musicale austriaco dell’Ottocento, ma forgia il suo linguaggio creativo durante il primo Novecento italiano. Facente parte di quella corrente artistica chiamata poi la “generazione dell’Ottanta” di cui fecero parte illustri compositori quali Ottorino Respighi e Alfredo Casella, Ildebrando Pizzetti compone un solo Trio per Archi e Pianoforte, il “Trio in La”, nato anch’esso per la volontà di una dedica. Quest’ultima è rivolta alla sua seconda moglie, “Rirì”, alla quale il compositore si lega dopo la morte del suo primo amore, e per la quale compone quest’opera concludendola tre giorni prima del loro matrimonio. Nella musica di Pizzetti, ed in particolare in questo Trio, è presente tutta la volontà di quest’ultimo di inneggiare all’Italia come un Paese dalla grande tradizione ed identità artistica, trasformata in musica attraverso una spiegata cantabilità del violino e del violoncello, come fossero voci umane impegnate in un costante dialogo. L’obiettivo del compositore, tramite questo stile, è quello di creare un’identità melodica forte, caratteristica del proprio Paese e di nessun altro, che arrivi a pescare “sino al fondo della nostra anima, e dell’animo degli uomini di questa nostra terra”.